
Negli ultimi anni Spotify ha dovuto ripensare radicalmente la propria strategia commerciale, spinta da una combinazione di pressioni esterne che hanno messo in discussione il suo modello storico basato su crescita veloce, abbonamenti a basso prezzo e una forte dipendenza dall’ecosistema Apple. La prima grande svolta è arrivata proprio dallo scontro con Cupertino: dopo anni di battaglie legali e pressioni da parte delle autorità antitrust, Spotify ha ottenuto la possibilità di inserire link esterni per gli abbonamenti direttamente nella sua app iOS, evitando così le commissioni imposte dall’App Store e guadagnando una maggiore libertà nel presentare offerte e canali di pagamento. In Europa, le nuove regole hanno persino costretto Apple a permettere che i prezzi siano mostrati chiaramente all’interno dell’app, aprendo a Spotify spazi di manovra che prima erano semplicemente impensabili.
Parallelamente, l’azienda ha dovuto fare i conti con una nuova realtà finanziaria: la fase della “crescita a ogni costo” è finita. Per oltre un decennio Spotify ha puntato tutto sull’acquisizione di utenti, spesso sacrificando i margini in cambio dell’espansione. Oggi però gli investitori chiedono redditività e sostenibilità. Per questo motivo la piattaforma ha iniziato ad alzare i prezzi degli abbonamenti in molti mercati, passando da una strategia basata sui volumi a una centrata sull’aumento del valore medio per utente (ARPU). È una mossa delicata: da un lato aumenta i ricavi, dall’altro espone al rischio di churn, perché se il valore percepito non cresce insieme ai prezzi, gli utenti possono facilmente migrare verso alternative.
Un altro fronte chiave è quello pubblicitario. Negli ultimi anni Spotify ha investito molto per trasformare la propria divisione adv in un vero motore di crescita, automatizzando la vendita degli spazi e creando strumenti per attrarre brand e podcaster. I risultati iniziano a vedersi: i ricavi pubblicitari stanno crescendo, ma non abbastanza rapidamente da soddisfare le aspettative. L’azienda stessa ha ammesso che la crescita dell’ad business sta “procedendo più lentamente del previsto”, segno che entrare in un mercato dominato da Google e Meta è tutt’altro che semplice.
Oltre agli aspetti regolatori e finanziari, Spotify ha dovuto affrontare anche pressioni etiche e reputazionali, un terreno su cui negli ultimi anni è diventata sempre più vulnerabile. Diversi artisti hanno criticato pubblicamente gli investimenti del CEO Daniel Ek in aziende legate alla tecnologia militare, arrivando in alcuni casi a rimuovere i propri brani dalla piattaforma. A questo si sono aggiunte controversie legate alla moderazione dei contenuti, soprattutto nel mondo dei podcast, che hanno costretto Spotify a rendere più chiare le proprie policy e a comunicare con maggiore trasparenza. Per rispondere, l’azienda ha avviato iniziative come “Loud & Clear”, pubblicando report dettagliati sui compensi agli autori e cercando di ricostruire la fiducia con la community degli artisti, un elemento essenziale per la sua sopravvivenza a lungo termine.
A tutto questo si aggiunge una trasformazione interna altrettanto significativa. Nel 2023, Spotify ha annunciato un importante piano di riduzione del personale con l’obiettivo di rendere l’azienda più agile, meno dispersiva e focalizzata su ciò che genera valore reale. È un cambio di mentalità che segna la fine della stagione dell’espansione illimitata e l’inizio di una fase più disciplinata, in linea con quanto stanno facendo molte altre big tech dopo gli anni di boom pandemico.
In sintesi, Spotify sta attraversando una fase di trasformazione strutturale profonda. Deve imparare a muoversi in un contesto regolatorio più aperto ma anche più competitivo, a bilanciare crescita e redditività, a diversificare le fonti di ricavo oltre agli abbonamenti, e a gestire con attenzione la propria reputazione in un ecosistema in cui artisti e utenti hanno sempre più voce. È un passaggio complesso, pieno di rischi ma inevitabile per restare protagonista nel lungo periodo. La piattaforma che ha rivoluzionato il modo in cui ascoltiamo musica sta ora cercando di rivoluzionare sé stessa.